Ingerenze

Ingerenze statunitensi: Regno delle Hawaii (1893)

Sul finire del diciannovesimo secolo le Hawaii sono un regno indipendente. La popolazione autoctona ha molto in comune con gli abitanti dell’Isola di Pasqua e della Nuova Zelanda, con i quali condivide lingua, cultura e tradizioni.

Nel 1842 il re Kamehameha III (si esatto si chiamava come l’onda energetica di Goku e come la farfalla) dopo aver varato una Costituzione invia delegazioni negli Stati Uniti e in Europa, ottenendo il riconoscimento dell’indipendenza hawaiana nei trattati firmati da molte delle potenze straniere del mondo l’anno successivo.

Le isole peró hanno qualcosa che interessa agli USA: sono produttrici di canna da zucchero, caffè e ananas. Tre bei business per quel tempo, gestiti in pochissimo tempo tutti dagli americani.
Ed è proprio nel 1893 che un gruppo di businessman americani di zucchero e ananas rovescia la monarchia hawaiana, col sostegno proprio del Governo degli Stati Uniti. La comunità imprenditoriale espansionista statunitense con interessi nelle Hawaii pressa il Governo per l’annessione delle Hawaii agli States perché, dicono, siccome molti lavoratori e imprenditori giapponesi si stanno riversando man mano sul territorio, temono che nel lungo periodo sia il ​​Giappone a prendersi il controllo dell’isola [5, 7, 8].

Ovviamente gli USA se la spadroneggiano come gli pare perché il Regno della Hawaii non ha un esercito (ecco perchè i sostenitori del disarmo dovrebbero studiare un po’ di più e abbandonare le loro posizioni utopistiche).
E’ un evento in particolare a rompere il precario equilibrio: la decisione della regina Lili’uokalani di modificare la Costituzione conferendo alla monarchia il potere assoluto [2].

A sinistra la regina Liliʻuokalani, a destra il re Kamehameha III.

Questo non piace ai businessman americani, che vanno di corsa a piangere da mamma Stato affinché tuteli i loro interessi. Ad avviare il colpo di stato è l’americano Stanford Ballard Dole (un membro della famiglia che ha fondato la Hawaiian Pineapple Company, ora nota come Dole Food Company).
Dole fa parte di un comitato che agisce negli interessi del business dello zucchero hawaiano assieme a degli alleati statunitensi. Ma l’interesse statunitense nelle Hawaii non si limita solo al business: loro vogliono le Hawaii anche per usarle come snodo militare nel pacifico (quindi l’interesse è sia privato che pubblico).

Il comitato di Dole, il 17 Gennaio 1893, riesce a far abdicare la regina e ad installare un governo provvisorio con a capo sé stesso. Il processo di annessione tuttavia subisce una battuta d’arresto: infatti gli accordi vengono presi quando il presidente degli Stati Uniti è Benjamin Harrison, ma il suo mandato scade prima di riuscire a completare il processo di approvazione del trattato di annessione delle Hawaii agli USA. Il successivo presidente, Grover Cleveland, ritira dal Senato il trattato e chiede la restaurazione del regno di Lili’uokalani, sostenendo che annettere le Hawaii sarebbe stato un atto immorale da parte del Governo degli Stati Uniti in quanto una palese violazione territoriale di uno Stato indifeso [3].

Ogni tanto qualcuno ha un barlume di umanità anche negli USA. Dole & Co si rifiutano di riconoscere l’autorità del presidente degli USA in materia e così fondano la Repubblica delle Hawaii (1894), ovviamente con Dole come presidente, e continuano a cercare di ufficializzare il processo di annessione.

All’inizio del ‘900 il presidente degli USA diventa William McKinley e (chissà sotto quali spinte) il Congresso americano crea il Territorio delle Hawaii nominando Dole come suo presidente. Qualche anno dopo si dimetterà per diventare Giudice della Corte Distrettuale delle Hawaii.
L’obiettivo di McKinley era infatti quello di conquistare e/o acquistare proprio le Hawaii, Guam, le Filippine e Puerto Rico [6, 7, 8]. E ci riuscirà.

Le èlite statunitensi hanno letteralmente spadroneggiato e al solo scopo di prendersi un territorio che potesse fungere da base militare per combattere gli spagnoli a Guam e nelle Filippine durante la guerra ispano-americana che si combatteva in quegli anni proprio sul versante filippino [7, 8]. Ovviamente parliamo di una guerra di stampo commerciale, come il 90% delle guerre combattute nella storia.

Niente di nuovo sotto il Sole. Ma molti preferiscono dimenticare e pensare che gli yankee esportino progresso e democrazia quando in realtà non fanno altro che difendere il loro interesse neoimperialista in cui forti poteri privati creano forti ingerenze nel Governo, il quale al massimo si oppone temporaneamente, ma appena viene eletto un presidente disponibile a tutelare gli affari delle lobby hanno gioco facile.

BIBLIOGRAFIA E FONTI

[1]   Britannica – Sanford Ballard Dole

[2]   George Herring (2008), From Colony to Superpower: U.S. Foreign Relations Since 1776. Oxford University Press

[3]   Alyn Brodsky (2000), Grover Cleveland: uno studio sul carattere

[4]   Lewis L. Gould (1980), La presidenza di William McKinley

[5]   Hilary Conroy (1953), La frontiera giapponese alle Hawaii, 1868–1898

[6]   Thomas A. Bailey (1937), Le elezioni presidenziali del 1900 erano un mandato sull’imperialismo?. Rassegna storica della valle del Mississippi

[7]   Thomas J. Osborne (1970), The Main Reason for Hawaiian Annexation in July, 1898, Oregon Historical Quarterly

[8]   William Michael Morgan (1982), The anti-Japanese origins of the Hawaiian Annexation treaty of 1897

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