Corruzione ed evasione sono i mali degli italiani?
Corruzione ed evasione: sono davvero i mali intrinsechi degli italiani?
di G.F.
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1. Introduzione.
Quella fetta della politica italiana che ha tanto a cuore la diffusione dell’ignoranza generalizzata del popolo italiano (e probabilmente anche il suo disfacimento) ci ripete da decenni i soliti classici due ritornelli cadenzati che recitano più o meno così:
“Il problema è che siamo il paese più corrotto del mondo, mica come all’estero dove sono virtuosi”
“Il problema dell’Italia è l’evasione fiscale, è colpa dell’evasione se i nostri figli non avranno le pensioni”
Queste sono proprio lo stereotipo del ritornello facile da imparare a memoria… il classico slogan di quella fascia sociale che si crede al sopra della media (senza esserlo) e che pertanto non si sente in dovere di cercare di comprendere in modo critico i fenomeni che lo circondano. Il problema è che questo genere di slogan creano un meccanismo pericoloso: quello dell’auto-senso di colpa. Questa strategia, impiegata da millenni per sottomettere le popolazioni, è ancora viva oggi e purtroppo funziona ancora molto bene.
I due slogan di sopra non vengono quasi mai discussi e spesso li si dà per assodati, come fossero verità indiscutibili. Peccato che la realtà dei fatti è che non sono né verità né indiscutibili.
Quanto c’è di vero in quelle affermazioni? Siamo veramente le pecore nere del mondo? Veramente i nostri mali vengono da lì? Davvero gli italiani in questa vicenda sono i cattivi mentre all’estero invece sono tutti diligenti?
Alla fine di questo articolo probabilmente avrete una visione più completa del problema e molto probabilmente la smetterete di assecondare queste superstizioni medievali… ma andiamo per gradi.
2. La corruzione.
Tutti abbiamo una percezione ovviamente negativa della corruzione, ma probabilmente la maggior parte di noi farebbe scena muta se gli venisse chiesto come misurare la corruzione di un paese. In effetti è un problema molto complicato, che vale la pena approfondire un secondo. Se si fa una schematizzazione degli aspetti chiave della corruzione, come peraltro già noto in ambiti professionali, si può arrivare ad un grafico di questo tipo [1]:

Si ha quindi una netta distinzione tra indicatori oggettivi e indicatori soggettivi… il punto è che ciò che è soggettivo, non essendo un dato significativo, non dovrebbe nemmeno essere preso in considerazione. Per fare un esempio, “avere la sensazione che determinate etnie siano alla base dei furti in casa” non significa assolutamente nulla se si vuole approcciare un fenomeno in maniera razionale. Se questa “percezione” è invece supportata dai dati affidabili allora magari il discorso cambia, ma fino a che non ci sono dati a supporto, qualsiasi fenomeno “percepito” è una chiacchiera da bar.
Pertanto tutti quegli indici nella parte bassa del grafico (come ad esempio l’indice di corruzione percepita che purtroppo va tanto in voga) sono semplicemente aria fritta. Stiamo parlando di indici tirati fuori attraverso sondaggi in cui si chiede agli intervistati se hanno la percezione di vivere in una realtà estremamente corrotta. Tra l’altro le stesse risposte cadono nella contraddizione più totale quando gli stessi intervistati dichiarano di non aver mai assistito a casi di corruzione nella loro vita. Un esempio di indice soggettivo è per esempio il Global Corruption Barometer. Ancora una volta questo indice è costruito mediante sondaggi a campione in cui viene chiesto per esempio se nell’ultimo anno hanno pagato delle tangenti. Più l’indice è elevato e più quel paese è “libero” da fenomeni corruttivi:

Resta però sempre un sondaggio che lascia il tempo che trova, infatti alla domanda “Lei o un componente della sua famiglia ha pagato una tangente in una qualsiasi forma negli scorsi 12 mesi?” differenti popoli possono avere differenti risposte in differenti contesti nonostante la risposta oggettiva sia la stessa. Per esempio molti potrebbero mentire, soprattutto quei paesi in cui insabbiare i problemi per preservare la propria immagine è una caratteristica chiave.
Inoltre la corruzione ha un ampio spettro di casistiche che va dalla mazzetta da 100€ per passare un esame, ad accordi illeciti sottobanco per permettere a soggetti incredibilmente ricchi di fare business (e li parliamo di decine di migliaia di € se non addirittura milioni). In un paese dove per esempio avvengono entrambi i fenomeni ma soprattutto quelli di prima specie, la corruzione percepita sarà maggiore perché quei fenomeni avverranno sotto gli occhi di tutti costantemente, ma la realtà dei fatti è che un paese dove avvengono solo eventi del secondo tipo è infinitamente più corrotto, pur avendo una corruzione percepita inferiore. Questo ovviamente è solo un esempio banale, ma serve a dare un’idea di quanto i parametri soggettivi siano inaffidabili e soprattutto per dare un’idea del perché i parametri soggettivi non possono fotografare il fenomeno in modo sensato.
Perciò un primo passo che bisogna fare è quello di sgomberare la mente da quei pregiudizi che vi sono stati messi in testa perché come vedremo i dati dicono cose leggermente diverse.
Alla luce di questo, andiamo a vedere cosa dicono gli indicatori che misurano quantità misurabili. Esistono per esempio strumenti come il Golden-Picci Index che misurano il rapporto tra il valore delle infrastrutture fisicamente esistenti e la spesa pubblica fatta in quelle infrastrutture. Sebbene sia circoscritto solo ad una porzione dei fenomeni corruttivi, già questo è un indicatore in grado di dare un’idea oggettiva di certe dinamiche. E’ chiaro che se si spendono più soldi di quanto necessario per realizzare delle infrastrutture, in quel settore si verificano dei fenomeni di corruzione e più questo gap è alto, più la corruzione è frequente e/o cospicua (rientrando peraltro in una casistica difficilmente osservabile dalla persona media).
E’ evidente che la gamma delle casistiche di corruzione è più ampia, ma l’indice in questione almeno basa la sua costruzione su qualcosa diversa da un’opinione personale.
Ma cosa ci dice questo indice? Miriam Golden e Lucio Picci dell’Univeristà di Harvard, ideatori dell’indice, hanno analizzato i dati relativi all’Italia di fine anni ’90, evidenziando una cosa molto interessante [2]:

In Italia la corruzione nel settore delle infrastrutture non è affatto omogenea: tende ad essere più alta al Sud e in Liguria.
Ora però viene il bello perché la stessa metodologia di calcolo è stata applicata alla Germania (andando però a fare il calcolo soltanto sulle strade e non sulla totalità delle infrastrutture) e i risultati non sono affatto come immaginate [3]:

Nel paper da cui vengono estratti i dati tedeschi viene espressamente scritto all’inizio che il paper simula il metodo Golden & Picci di valutazione della corruzione [3] e sull’articolo di Golden & Picci è scritto esplicitamente che il loro indice è calcolabile in modo del tutto analogo tra i vari paesi leader dell’Europa, menzionando espressamente anche la Germania [2].
Nella cartina tedesca le aree scure sono le più “corrotte” secondo i criteri di calcolo adottati nel paper.
Anche in Germania dunque ci sono regioni decisamente corrotte (a differenza dell’Italia però parliamo della parte ricca) e regioni meno corrotte. Ah ma come, gli italiani non erano la pecora nera mentre gli altri erano i virtuosi? come vedete, la risposta è no. Tutto il mondo è paese, come vedrete.
Attenzione: questo non dimostra che la Germania sia più corrotta dell’Italia. Questo studio comparato vuole indurvi a pensare il problema da un’altra prospettiva: poiché i dati rendono evidente il fatto che il fenomeno della corruzione è molto più complesso di un banale sondaggio sulla corruzione percepita, bisogna smetterla di pensare che l’autopercezione degli italiani in merito alla corruzione del loro paese sia fondata.
I dati evidenziano che esistono regioni della Germania in cui si assiste a fenomeni di corruzione pronunciati.
Un approccio veramente scientifico in materia sarebbe quello di uniformare questo indice, calcolare il valore per tutti i paesi del mondo, rifare il calcolo tutti gli anni e monitorare l’andamento nel tempo. Questo dovrebbe essere l’obiettivo degli enti che si occupano di queste tematiche, non fare inutili sondaggi a persone che a mala pena sanno come si chiamano.
Altro parametro oggettivo per la valutazione della corruzione è quello delle statistiche giudiziarie. Sul numero di condannati per corruzione, sul numero di processi per corruzione e su altre indicazioni di questo tipo si possono arrivare a trarre delle conclusioni molto più sensate rispetto ad un sondaggio. Quindi per farla breve, guardiamo i dati oggettivi invece delle sensazioni.
La realtà dei fatti è che in Germania, così come nel resto del mondo, le persone sono corruttibili e gli italiani non sono pecore nere al cospetto di angeli virtuosi, né tantomeno sono più corruttibili. Perciò finiamola con questo auto-razzismo. La corruzione è un fenomeno intrinseco della natura umana, non della natura italiana.
Inoltre qualcuno potrebbe pensare che siccome la corruzione è legata all’esistenza del denaro, allora bisognerebbe limitare la spesa pubblica. Ebbene questo pensiero primitivo e antiprogressista è privo totalmente di fondamento. Infatti poiché il benessere nel settore privato viene realizzato attraverso la spesa pubblica, limitarla significa limitare il benessere umano e il progresso, cosa che andrebbe vietata in qualsiasi Costituzione del mondo. Chi commette reati di corruzione di certo non è lo Stato, ma degli esseri umani per loro convenienza personale, ovvero dei privati per loro intrinseca natura. Semmai bisogna aumentare la spesa pubblica per garantire l’impossibilità di corruzione dei controllori e soprattutto per finanziare campagne di controllo a tappeto nei settori chiave.
3. L’evasione fiscale.
Per prima cosa bisogna premettere che purtroppo c’è sempre un’incomprensione di base sul funzionamento delle tasse. In molti purtroppo ancora non hanno compreso che le tasse non servono a finanziare la spesa pubblica ma bensì ad imporre la moneta e a drenare liquidità dal settore privato (e questo è vero sempre).
Ogniqualvolta vengono esatte delle tasse, viene estinto un debito fiscale che il settore privato ha nei confronti del settore governativo, quindi accadono due cose diverse a seconda che lo Stato emetta o no la moneta:
– Negli Stati che emettono la loro moneta, quando un cittadino paga una tassa estingue un suo debito nei confronti dello Stato, quindi il debito viene cancellato. Siccome la valuta utilizzata per pagare le tasse è una promessa di pagamento dell’emittente (lo Stato) nei confronti del settore privato, questa ritornando all’emittente viene distrutta. Quindi i soldi delle tasse non possono essere utilizzati per pagare i servizi.
– Negli Stati che non emettono la loro moneta invece, quando un cittadino paga una tassa nonostante estingua il suo debito nei confronti dello Stato, l’emittente della moneta non ha ancora estinto la sua promessa di pagamento nei confronti dello Stato. Perciò per lo Stato quella valuta è ancora un credito spendibile ed è per questo che effettivamente raccoglie con le tasse moneta spendibile, e quella moneta non si cancella finché non ritorna al suo emittente. Ovviamente questo è un caso particolare perché sono pochi Stati che hanno deciso di non emettere la loro valuta (a parte chi adotta l’Euro, il Franco CFA, il Dollaro dei Caraibi Orientali e pochi altri).
Capito questo, parlando in un’ottica generale, è già smontata la retorica secondo cui l’evasione va a sottrarre soldi allo Stato per spendere. Questa menata dell’evasione che sottrae soldi per spendere ce la portiamo appresso dagli anni ’70 e all’epoca avevamo un paese che da questo punto di vista agiva come un paese sovrano perché emetteva la propria moneta. Quindi in definitiva questo dogma era pura ignoranza economica già all’epoca e lo è tutt’oggi.
A questo punto, veniamo alle domande iniziali: è vero che gli italiani sono un popolo di evasori mentre all’estero sono tutti seri e ligi al dovere? Cerchiamo di capire come funziona l’evasione fiscale, guardiamo i dati e cerchiamo di rispondere a questa domanda.
L’evasione fiscale ha chiaramente un impatto macroeconomico perché maggiore evasione significa maggiore quantità di moneta rimasta in circolazione e quindi potenzialmente maggiori consumi rispetto a quelli pianificati dal Governo.
Per descrivere il fenomeno si fa riferimento al cosiddetto tax gap. Il tax gap è la differenza tra il gettito fiscale teorico a legislazione vigente e il gettito fiscale effettivo. A sua volta il tax gap può essere declinato per tipologia di tassa, cioè per esempio quanto è il tax gap specifico sull’IVA o sull’IRPEF. Questo da anche un’idea di quali siano le caratteristiche dell’evasione in un paese.
Andando a vedere come è strutturata l’evasione italiana, ci si accorge che la tassa più evasa, secondo le stime, è proprio l’IRPEF (evasa circa al 70%) [6]:

Al secondo posto la tassa più evasa in percentuale è l’IVA, che impatta pesantemente soprattutto i piccoli imprenditori. I dati dicono che l’evasione fiscale dell’IVA in Italia è diminuita dal 2011 ad oggi. Sembra strano? No è la realtà dei fatti:

Poi c’è l’IMU, una tassa sconsideratamente malpensata che viene evasa al 25%.
Infine ci sono le aziende (che evadono mediamente il 25% di IRES e il 20% di IRAP) e che rappresentano un altro punto importante.
Infatti in tutta questa analisi stiamo parlando di percentuali, non di valori assoluti, quindi ad una percentuale più alta non corrisponde un danno maggiore al PIL.
Come sappiamo le multinazionali devono miliardi di euro al fisco italiano (e in generale al fisco di tutti i paesi del mondo) e secondo voi di questa fetta di tasse chi è che ha il peso maggiore in termini di evasione? Il piccolo imprenditore che evade per sopravvivere o la grossa multinazionale?
Il settore privato, massacrato dalle stesse, si ritrova cornuto e mazziato perché oltre ad avere avversari giganteschi in termini di economie di scala, se li ritrova pure fiscalmente “agevolati” e quindi la competizione diventa ben più che sleale.
I dati dicono che suddividendo la popolazione in base alla ricchezza è l’1% più ricco della popolazione ad evadere la maggior quantità di tasse. Infatti mentre il 99% della popolazione evade in media il 3% delle tasse regolarmente dovute, l’1% più ricco evade una percentuale almeno di un ordine di grandezza superiore [13].
Quindi ancora una volta se ai vostri occhi le persone più ricche del mondo (“quelli che ce l’hanno fatta” secondo alcuni) appaiono come idoli, fondamentalmente state inseguendo un’ideologia incoerente che non riconosce che quella classe sociale genera il grosso dell’evasione fiscale e soprattutto che quella classe sociale si trova in quella posizione anche grazie al vantaggio sleale rispetto agli altri causato dalla propria evasione fiscale. Pertanto, non esistendo giustificazione che tenga, è il top 1% a dover essere additato in malo modo.

C’è infatti una questione importante da considerare: esistono due tipi di evasione e questi due tipi di evasione hanno conseguenze diverse sull’economia:
1) Il piccolo commerciante che batte meno scontrini di quelli che dovrebbe, tipicamente non spende all’estero i soldi che ha evaso nel suo paese. Pertanto il “risparmio” frutto di quel tipo di evasione tipicamente viene speso nel proprio paese, alimentando la domanda interna e reintroducendo quei soldi nell’economia nazionale, facendoli prima o poi rientrare in un flusso in cui la tassazione viene pagata, risultando come una sorta di espansione informale della spesa pubblica;
2) al contrario il secondo tipo di evasione fiscale (quella del grosso soggetto privato, come per esempio una multinazionale) viene cumulata per anni, anche all’estero, finché il fisco non va a bussare alle loro porte. Quando questo avviene, patteggiano una cifra che è grosso modo un centesimo di quello che dovrebbero realmente all’erario e finiscono per usufruire del 99% rimanente, spendendo quel denaro dove gli fa comodo. In genere quel “dove gli fa comodo” non corrisponde al paese in cui è stata perpetrata l’evasione ma viene allocato dove frutta di più. Questo significa che il beneficio di quella moneta non rientra più nell’economia nazionale ma finisce nell’economia estera, lasciando all’economia nazionale una fetta di cuneo fiscale insoluto che non ha svolto la sua funzione di freno dei consumi. Questo è infinitamente più grave del commerciante che non batte lo scontrino.
Qui si parla veramente di miliardi di €, di cifre che aggregate battono anche il Recovery Plan. Infatti oltre a evadere cifre stellari e a sviluppare trucchetti contabili come quello di dichiarare i profitti dove le tasse sono più basse, le prime 25 società del mondo comprano fondamentalmente asset sicuri come i titoli di Stato [4]. Quindi oltre a non pagare tutte le tasse dovute, con danni che solo in Italia viaggiano intorno ai 50 miliardi di euro, mettono pure al sicuro parte dei loro patrimoni investendo in titoli fruttiferi, succhiando ulteriore denaro dagli Stati.
Inutile dire che stiamo parlando di soggetti che ormai rappresentano Stati negli Stati, costituendo dei centri di potere esagerati rispetto a quanto le vere nazioni possano permettere ad un soggetto privato [5]. Ce ne vogliono di scontrini non fatti per arrivare a decine di miliardi di €.
Stante quindi questa premessa fondamentale, possiamo tornare al discorso iniziale: come sono messi “quelli virtuosi”? Abbiamo capito che in Italia esiste un problema di evasione fiscale, seppur causato principalmente dai privati “troppo grossi”. Ma gli altri paesi sono invece seri e rigorosi? Beh no, quasi nessuno lo è.
Tra l’altro come vi avevo mostrato prima, mentre in Italia l’evasione dell’IVA è in calo dal 2011, negli altri paesi è in aumento [10]:

Chiunque prenda sempre come modello negativo gli italiani, dovrebbe poi giustificare questo. E che non se ne esca con qualche frasetta idiota come “stiamo insegnando agli stranieri a comportarsi come gli italiani” perché sono luoghi comuni senza fondamento.
Altra frase fatta sull’evasione che vogliamo verificare è “se non ci fosse l’evasione fiscale avremmo molti soldi in più con cui potremmo fare molte cose, anche per il sociale”.
Premesso che già abbiamo spiegato che le tasse non si “raccolgono” e che quindi quei “soldi in più” non esistono, maggiore evasione significa un numero maggiore di soldi in circolo all’interno del settore privato che invece di essere spesi in modo canalizzato dallo Stato vengono spesi dal settore privato secondo le sue esigenze.
Lo Stato li avrebbe spesi (salvo fenomeni di corruzione) per realizzare benessere e quindi indirettamente ridurre la forbice sociale, mentre il privato si spende i soldi evasi per se stesso o li risparmia per spenderli più avanti, sempre per se stesso.
Andando ancora più nel profondo della questione, vogliamo ricordare il fatto che uno dei quattro scopi delle tasse è proprio il contenimento della forbice sociale attraverso la gestione della distribuzione del cuneo fiscale tra le varie fasce della popolazione (vedi qui per approfondire sulle tasse).
Va da sé che essendo l’1% più ricco della popolazione responsabile della maggior parte dell’evasione, è chiaro che gli eventuali effetti negativi e le responsabilità vanno addossati esattamente a loro. Inoltre quando l’evasione diminuisce, poiché i dati dimostrano che è sempre l’1% ad evadere più tasse, vuol dire che è il restante 99% ad aver ridotto l’evasione complessiva.
Questo è testimoniato dal fatto che al diminuire della percentuale di evasione sul PIL non si ha una correlazione con la variazione dell’Indice di Gini (cioè con l’indice che misura la forbice sociale), quindi è l’evasione del secondo tipo a prevalere, non quella del piccolo commerciante.
Infatti mentre il rapporto tra tasse evase recuperate dal piccolo e il suo reddito è sufficiente per modificarne lo stile di vita, questo non è vero per l’1%.
Si osserva più o meno in tutti i paesi del mondo una curva come quella riportata nei grafici di sotto (qui riporto solo Germania e UK ma vale un po’ per tutti):

Il grafico mostra che la ricchezza (e quindi il benessere) è distribuito molto male tra le varie fasce della popolazione. “Casualmente” l’asintoto di questa curva è verticale e sempre casualmente è in corrispondenza dell’1% più ricco della popolazione.
La Germania, il Regno Unito e l’Italia hanno dei valori di evasione fiscale che si assestano rispettivamente intorno all’8%, al 4% e al 14% del PIL. Il grafico di sopra mostra inequivocabilmente che, nonostante Germania e UK siano più virtuosi di noi in termini di evasione, il presunto beneficio associato non c’è. Ma allora esiste o no una correlazione reale tra la forbice sociale (misurabile attraverso l’Indice di Gini) e il Tax Gap?
Se guardiamo il nostro orticello, l’Italia ha visto complessivamente ridursi l’evasione fiscale tra il 2011 e il 2015 eppure l’indice di Gini è rimasto praticamente invariato. Estrapolando i dati dell’evasione fiscale italiana da uno studio [11] e confrontandoli con lo storico dell’indice di Gini si ottiene infatti che:

Analogamente, i dati di tutti gli Stati europei dimostrano in modo inequivocabile che mentre per alcuni paesi esiste una correlazione diretta tra tax gap e indice di Gini, per altri esiste una correlazione inversa. Questo significa che la retorica secondo cui “se non avessimo l’evasione fiscale si potrebbero fare molte cose a livello sociale” è in realtà pura propaganda senza alcun dato reale a supporto. Guardando all’indice di Gini dei paesi europei (in particolare di quelli menzionati prima) si vede che siamo più o meno tutti in linea con gli stessi valori, il che significa che avere un quarto dell’evasione fiscale dell’Italia non ha praticamente alcun impatto sulla forbice sociale se è sempre la fascia più alta della popolazione ad evadere indisturbata.

Ci sarebbe anche un’altra questione che però richiederebbe un articolo a parte: i paradisi fiscali. Qui vogliamo solo lanciare qualche spunto di riflessione:

Il grafico mostra inequivocabilmente come quote significative del PIL tedesco dagli anni ’90 ad oggi siano state trasferite in paradisi fiscali. E chissà se è colpa del piccolo commerciante che non batte qualche scontrino o se è qualcun altro a smuovere tutti questi soldi… a voi la parola.
Sempre sul raffronto Italia-Germania in termini di tassazione internazionale evasa, vale la pena ricordare che secondo i dati forniti dall’Unione Europea i privati residenti in Germania evadono da soli un quinto del totale UE e compessivamente tre volte più degli italiani in valori assoluti [12]:

Da questa panoramica sicuramente emergono informazioni differenti rispetto alla trattazione mainstream e spero che questo contribuisca a minare le vostre certezze sugli stranieri e a rivedere le vostre convinzioni sugli italiani.
4. Conclusioni.
Per concludere, cosa possiamo dire in merito alle domande che ci siamo posti?
– L’Italia è un paese corrotto? Si
– E gli altri paesi? Pure
– In Italia si evade? Si
– E negli altri paesi? Pure
– L’evasione è un problema che, qualora venisse rimosso, migliorerebbe le condizioni di vita dei cittadini? I dati dicono di no, almeno fino a che a pagare le tasse è sempre il 99% più povero della popolazione.
Lo scopo di questo articolo è quello di far comprendere che corruzione ed evasione sono due argomenti estremamente complessi e profondi, di gran lunga più complessi di quanto mostrato qui ma soprattutto infinitamente più complessi degli stupidi luoghi comuni perpetrati per anni dall’informazione mainstream. Non basterebbe un articolo per parlare di queste tematiche ma servirebbero interi libri per snocciolare a dovere tutti i punti.
Pertanto vuole essere solo uno spunto per approfondire le tematiche guardando sempre ai dati e interrogando questi ultimi in modo critico, non prendendo per buone delle narrazioni funzionali a determinate ideologie politiche.
BIBLIOGRAFIA E FONTI
[1] Jacopo Gagliardi (2020), La misurazione della corruzione: tra attualità e prospettive nell’esperienza italiana
[2] Miriam Golden & Lucio Picci (2005), Proposal for a new measure of corruption, illustrated with italian data
[3] Nancy Hite (2006), Measuring Regional Variation of Corruption Induced Ineciency in Public Roads Construction, using German Data
[4] Il Fatto Quotidiano (2020), Le tasse pagate in Italia dai giganti web: Amazon 11 milioni di euro, Google 5,7 milioni, Facebook 2,3 mln, Netflix 6 mila euro.
[5] Il Fatto Quotidiano (2020), Big Tech, rapporto antitrust del Congresso Usa auspica interventi per spezzare il monopolio di Amazon, Google, Facebook e Apple
[6] Dossier n.18, Legislatura 17° (2017), Il Rapporto sui risultati della lotta all’evasione fiscale e contributiva e la Relazione sull’economia non osservata (2017)
[7] WSI – Institute of economic and social research, How is wealth distributed in Germany?
[8] (2017) Wealth and Assets in Scotland, 2006–2014
[9] Eurostat – Gini coefficient of equivalised disposable income – EU-SILC survey
[10] Marco Mobili & Giovanni Parente (2020), Evasione dell’Iva, Italia campione d’Europa, IlSole24Ore
[11] Konrad Raczkowski & Bogdan Mróz (2018), Tax gap in the global economy
[12] Charles Vellutini, Georges Casamatta, Léa Bousquet, Grzegorz Poniatowski, Roberto Zavatta & Adam Śmietanka (2019), Estimating International Tax Evasion by Individuals
[13] Annette Alstadsæter, Niels Johannesen & Gabriel Zucman (2018), Tax evasion and Inequality