Il sistema bancario
Il sistema bancario: il funzionamento di massima
di G.F.
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Una volta capito che cos’è e come funziona la moneta, bisogna capire come questa viene distribuita, quindi bisogna comprendere il sistema bancario.
1. Introduzione.
Le banche sono quell’organo del sistema che ha il compito di gestire l’erogazione del credito. Il sistema bancario è costituito da due tipi di banche:
– La Banca Centrale (che fa parte del settore governativo)
– Le banche commerciali (che fanno parte del settore privato)
La Banca Centrale va a gestire la monetizzazione della spesa dello Stato, cioè gli IOU di Stato, mentre le banche commerciali erogano credito al settore privato espandendo l’offerta di moneta della Banca Centrale.
Ricordando il concetto di piramide dell’accettabilità, bisogna subito capire che non tutta la moneta emessa dalle banche ha la stessa qualità perchè gli IOU di Stato sono più accettabili degli IOU emessi dalle banche commerciali. Infatti mentre gli IOU emessi dallo Stato e monetizzati dalla Banca Centrale sono esattamente quelli in cima alla piramide, il credito erogato dalle banche commerciali è emesso direttamente da loro sulla base delle richieste del settore privato.
Da un punto di vista pratico, il denaro di Stato (gli IOU in cima alla piramide) è di due tipi:
– Contanti (che circolano nel settore privato)
– Riserve bancarie (che circolano solo nel sistema bancario)
I contanti li conosciamo tutti, mentre le riserve bancarie sono qualcosa di poco conosciuto ai più. In pratica sono “la liquidità” che circola esclusivamente nel sistema bancario, un po’ come se fossero dei contanti speciali che solo le banche possono utilizzare e scambiarsi tra loro. Le riserve bancarie sono tutte depositate presso la Banca Centrale nei conti corrente che le banche commerciali hanno presso di essa.
Con “base monetaria” (chiamata in gergo anche HPM, cioè moneta ad alto potenziale) si intende l’insieme di tutte le monete e banconote monetizzate Banca Centrale più tutte le attività finanziarie immediatamente convertibili in moneta di Stato. In pratica la base monetaria è la somma di tutte le riserve bancarie e dei contanti emessi dal Governo.
Ma come è strutturato il sistema e come funzionano i flussi di moneta? e soprattutto quale moneta?
2. Le banche commerciali.
Le banche commerciali, come abbiamo detto prima, erogano mutui e prestiti, gestiscono prodotti finanziari di risparmio e tengono i conti correnti dei soggetti facenti parte del settore privato.
Probabilmente la concezione che avete della banca è più simile a quella di un fondo di investimento piuttosto che di una banca commerciale. Infatti sono convinto che la maggior parte di voi quando pensa ad una banca ha in mente un caveau in cui sono contenuti i depositi dei correntisti e soprattutto ha in mente il fatto che la banca quando eroga un prestito presti quei soldi.
Ecco questo è totalmente falso.
Questo mito nasce dalla mancata comprensione della moneta da parte di una fetta degli economisti che hanno poi elaborato teorie sul funzionamento del denaro che sono state screditate da tempo. Queste teorie hanno finito poi per radicarsi nel mondo accademico e hanno finito per inculcare nella testa degli studenti idiozie come la teoria del moltiplicatore monetario e altre baggianate [1].
Le banche commerciali hanno la possibilità di creare moneta dal nulla, esattamente come lo Stato, come la Banca Centrale, come le aziende e come anche i cittadini. La moneta creata dal nulla dalle banche commerciali prende il nome di “moneta di banca commerciale” o impropriamente anche “moneta bancaria”. Questa passività è convertibile in moneta di Stato, ma non è moneta di Stato. Infatti mentre lo Stato che emette la sua moneta (in qualità di emittente della moneta stessa) non può mai fallire se non ha vincoli di emissione autoimposti, le banche commerciali possono fallire. Ma perché? il perché è da ricercarsi nella piramide di accettabilità della moneta e nel meccanismo dei prestiti bancari.
Infatti nonostante le banche commerciali siano in grado di creare moneta dal nulla, in realtà quella moneta non introduce ricchezza al netto nel sistema. Chi riceve un prestito da una banca commerciale si impegna poi a restituire la somma ricevuta (lasciamo stare per ora gli interessi). Quindi siccome sia il cittadino o l’azienda che riceve il prestito sia la banca commerciale che ha erogato il prestito fanno parte entrambi del settore privato, in realtà è il solito trasferimento di moneta da una parte all’altra dello stesso settore. La ricchezza totale del settore privato quindi non cresce. Questo tipo di transazione è detto “transazione orizzontale”.
Per di più come abbiamo visto nell’articolo sulla natura della moneta, emette moneta significa emettere debito. Quindi in sostanza quando la banca commerciale sta emettendo moneta bancaria, sta emettendo il suo debito nei confronti del beneficiario del prestito.
Come abbiamo visto infatti all’interno dei bilanci di una banca commerciale:
– I depositi sui conti correnti dei clienti sono una passività per la banca e un attivo per il cliente. Allo stesso modo, gli interessi maturati dai clienti su quei depositi sono anch’essi dei passivi per la banca. E’ la banca che deve rendere disponibile quel denaro al cliente.
– I prestiti sono anch’essi il passivo della banca. Infatti la banca commerciale quando eroga un prestito apre un conto corrente a nome del beneficiario del prestito e rende disponibile quel denaro accreditandogli quel denaro (emettendo moneta sta emettendo il suo debito nei confronti del beneficiario). Tuttavia quel prestito va restituito, quindi gli IOU della banca commerciale vanno restituiti uno per uno dal beneficiario del prestito (le rate). Quando quella persona ha estinto il prestito, alla fine avrà restituito alla banca commerciale tutto il denaro che gli ha prestato più una piccola parte che è l’interesse. Mentre gli IOU creati con il prestito vengono distrutti alla restituzione, l’interesse è denaro in più che il beneficiario del prestito trasferisce alla banca commerciale come “costo dell’aver reso disponibile quel denaro”. Le banche commerciali quindi guadagnano con gli interessi sui prestiti e non è un caso che i tassi di interesse sui prestiti siano maggiori rispetto a quelli sui depositi.
Infatti mentre il prestito è ancora aperto, gli IOU che la banca ha creato rappresentano il suo passivo. Se il beneficiario del prestito è insolvente e non può ripagare in alcun modo quegli IOU, la banca si ritroverà un passivo permanente pari a quell’ammontare. Dunque il profitto di una banca commerciale, per quanto riguarda il processo di gestione ed erogazione del credito, proviene esclusivamente dalle differenze nei tassi di interesse applicati.
Ancora, le banche traggono profitto sul mercato interbancario prestandosi riserve bancarie tra di loro (nella sezione successiva spieghiamo perché).
Poi le banche commerciali possono avere anche altri attivi/passivi, come ad esempio detenere titoli di Stato (ottenendo profitto dal tasso di interesse su quei titoli).
Infine, grazie alla concomitanza tra l’abolizione del Glass-Steagal Act e i vincoli imposti dal regolamento di Basilea, le banche commerciali possono trarre profitto anche da attività finanziarie di tipo speculativo.
3. Cosa succede materialmente ai nostri soldi.
Ma da un punto di vista pratico cosa succede ai nostri soldi durante queste operazioni? Per capirlo ci manca una nozione: il legame tra i conti di riserva della banche e i conti correnti dei cittadini. Come abbiamo detto la moneta che scorre nel sistema bancario è costituita da riserve bancarie, ma queste non sono utilizzabili dai cittadini. Dunque quando facciamo delle operazioni sul nostro conto corrente depositato presso la nostra banca commerciale, stiamo facendo implicitamente delle operazioni tra riserve.
Quando infatti deposito denaro in banca (per esempio 1.000€), quello che succede materialmente è che la banca accredita 1.000€ sul mio conto corrente, poi il denaro contante che ho materialmente depositato viene inviato dalla banca commerciale alla Banca Centrale e lì viene distrutto. Una volta distrutto il contante viene aggiornata la posizione in riserve della banca commerciale, cioè vengono accreditate riserve sul conto corrente che quella banca detiene presso la Banca Centrale per un valore di 1.000€.
Non c’è nessun caveau magico in cui vengono detenuti tutti i fantamiliardi di Zio Paperone (anche perché i costi di gestione sarebbero stellari). E’ tutto un bilancio virtuale di attivi e passivi.
Quando invece preleviamo denaro, la banca addebita sul nostro conto riserve per un pari importo e ci mette a disposizione i contanti. L’operazione è immediata nel caso in cui l’importo è piccolo, infatti le banche commerciali hanno una piccola quantità di contanti che serve proprio per erogarli ai cittadini a questo scopo. Quando invece gli importi sono grandi bisogna avvertire in anticipo la banca perché deve farsi inviare i contanti necessari dalla Banca Centrale.
Quando si deposita un assegno o si ricevono soldi da un bonifico funziona allo stesso modo (sebbene il processo coinvolga il mercato interbancario): infatti la banca accredita su quel conto corrente l’ammontare di quell’assegno o bonifico in termini contabili e poi quelle due banche si scambiano IOU di Stato (riserve) nel mercato interbancario, che vediamo dopo.
4. La Banca Centrale e il mercato interbancario.
La Banca Centrale invece assolve al ruolo di controllore e di collaboratore della gestione monetaria dello Stato. Le sue principali funzioni sono tre:
– Monetizzazione della spesa dello Stato: è colei che produce il denaro (in tutte le sue forme), cioè come si suol dire “monetizza” la spesa dello Stato. Dopo che lo Stato sovrano decide di fare spesa pubblica, si serve sempre e solo della Banca Centrale per realizzare quella spesa.
– Gestione del tasso di interesse target: Attraverso la politica monetaria, la Banca Centrale fissa il tasso di interesse target che fa da riferimento per il corridoio dei tassi di interesse delle banche commerciali sul mercato interbancario.
– Gestione delle riserve bancarie e dei conti di riserva delle banche commerciali: Le riserve delle banche sono collocate tutte presso la Banca Centrale sotto forma di c/c. Nelle procedure di pareggiamento le banche commerciali vanno ad attingere lì le riserve per pareggiare con altre banche (stiamo parlando di quella procedura che permette il passaggio di denaro tra due conti corrente presso banche diverse).
Per quanto riguarda la gestione dei tassi di interesse, bisogna introdurre il requisito di riserva e il mercato interbancario.
Le banche sono soggette ad un requisito di riserva che devono soddisfare a fine giornata: in pratica le loro riserve ogni giorno devono essere pari almeno ad un certo valore di soglia. Questo valore potrebbe tranquillamente essere nullo, ma in molti paesi questo requisito è in vigore, è maggiore di zero ed è conosciuto come riserva frazionaria. Lasciate perdere tutte le trattazioni complottiste dietro questa parola perché sono tutte fregnacce che distolgono solo l’attenzione sul focus dell’argomento.
La Banca Centrale paga un interesse alla banche commerciali sulle riserve che queste detengono sui loro conti di riserva. Quindi per una banca commerciale detenere riserve presso la Banca Centrale frutta degli interessi, ad un tasso detto tasso di interesse sui depositi presso Banca Centrale (support rate)
Allo stesso tempo se una banca non raggiunge il requisito di riserva può farsi prestare riserve dalla Banca Centrale ad un tasso chiamato tasso di sconto (discount rate).
La Banca Centrale, oltre a fissare il tasso di interesse sui titoli di Stato, fissa questi due tassi di interesse. Fissare questi due tassi significa fissare un corridoio che definisce il mercato interbancario: infatti se a fine giornata una banca è in eccedenza di riserve rispetto al requisito di riserva, può prestarle sul mercato interbancario ad una banca che è in difetto di riserve rispetto al requisito. A chi presta non conviene applicare un tasso pari o maggiore del discount rate perché a chi richiede il prestito a quel punto gli converrebbe andare direttamente dalla Banca Centrale. Allo stesso modo non gli conviene fissare un tasso minore o uguale al support rate perché ci guadagnerebbe di più a tenere ferme le riserve presso la Banca Centrale. Ecco che quindi fissare il support rate e il discount rate significa fissare rispettivamente il pavimento e il tetto del mercato interbancario entro cui si muovono i vari tassi di interesse overnight delle banche commerciali.
Ma le banche commerciali lavorano anche al di fuori del mercato interbancario e più in particolare i loro clienti appartengono al settore privato. I tassi di interesse che le banche invece applicano ai depositi e ai prestiti ai cittadini sono più alti dei tassi interbancari.
Ricapitolando:
La Banca Centrale fissa il tasso di interesse sui titoli di Stato, il support rate e il discount rate. Questi ultimi due fanno da pavimento e da tetto per il mercato interbancario in cui le banche si scambiano le riserve per soddisfare il loro requisito di riserva giornaliero. Le banche commerciali poi applicano ai loro clienti dei tassi di interesse sui depositi e sui prestiti che sono maggiori rispetto a quelli interbancari.
Non abbiamo ancora definito il ruolo del tasso di interesse sui titoli di Stato. Fissare questo tasso significa fissare il “peso” degli interessi sul debito governativo nei periodi successivi e quindi quello che si chiama servizio del debito. Ora, la tendenza naturale del tasso di interesse sarebbe quella di convergere allo zero [2], dunque perché la Banca Centrale si pone come obiettivo quello di decidere e mantenere un tasso target che può essere anche diverso da zero?
Uno degli scopi del tasso di interesse sui titoli di Stato è quello di rendere attrattivo l’investimento in quei titoli da parte di investitori stranieri. Lo scopo è quello di procurarsi riserve in valuta estera, che servono per esempio per pagare le importazioni oppure per pagare debiti in valuta estera.
Quindi le scelte di politica monetaria devono andare di pari passo con il quadro economico del paese e con il suo livello di progresso tecnologico e di complessità del tessuto produttivo.
5. L’interazione tra lo Stato e la Banca Centrale nel mercato interbancario [3, 4, 5].
Per quanto abbiamo visto fin’ora:
– Lo Stato sovrano immette riserve bancarie nella Banca Centrale creandole da nulla attraverso la spesa pubblica.
– La Banca Centrale monetizza la spesa pubblica dello Stato e decide il tasso di interesse su ogni nuovo debito emesso, in funzione delle condizioni macroeconomiche del paese.
– La Banca Centrale, fissando il corridoio dei tassi di interesse interbancari, gestisce le riserve bancarie a fronte delle varie richieste di pareggiamento/clearing tra banche.
– Le banche commerciali gestiscono l’erogazione del credito al settore privato. I requisiti minimi di riserve che ogni banca commerciale deve rispettare vengono mantenuti ogni giorno prestandosi tra loro le riserve (all’interno di un corridoio di tassi decisi dalla Banca Centrale) oppure chiedendole direttamente alla Banca Centrale.
Ma come si inquadra il ruolo effettivo dello Stato nel meccanismo di gestione del tasso di interesse? E’ semplice, bisogna comprendere che il mercato dei tassi di interesse funziona esattamente come tutti gli altri mercati, ovvero sul principio di domanda/offerta. Quindi siccome l’offerta è la disponibilità di riserve, a parità di domanda se diminuiscono le riserve nel sistema aumenteranno i tassi di interesse. Viceversa, un numero maggiore di riserve aumenta l’offerta delle stesse e farà scendere i tassi. Quindi bisogna inquadrare quali sono le operazioni che vanno a modificare il numero di riserve nel sistema:
– Quando lo Stato fa spesa pubblica immette riserve nel sistema
– Quando lo Stato tassa, un ammontare di riserve pari al gettito fiscale viene distrutto
– Quando la Banca Centrale compra titoli di Stato dal sistema bancario immette riserve nel sistema
– Quando la Banca Centrale vende titoli di Stato al sistema bancario distrugge riserve
Di conseguenza il meccanismo dei titoli di Stato aiuta la Banca Centrale nel suo ruolo di gestore del tasso di interesse e allo stesso tempo la politica fiscale influenza la gestione dello stesso. E’ chiaro che ogni vincolo che si applica a questo sistema ne va a compromettere la stabilità. Infatti il tasso di cambio è legato a doppio filo con le riserve e un vincolo sul tasso di cambio implica per esempio che la Banca Centrale deve andare a gestire le riserve in modo tale da soddisfare quel vincolo, scaricando poi quel vincolo sulla politica fiscale. Allo stesso modo contrarre debito in valuta estera significa dover intraprendere delle scelte di politica monetaria che hanno ripercussione sulla politica fiscale.
Ecco perché vincolare il tasso di cambio e/o contrarre grossi debiti in valuta estera significa compromettere la stabilità del sistema.

6. Demolizione del mito del moltiplicatore monetario [1].
E’ necessario un piccolo compendio a quanto detto fino ad ora perché come promesso va smontato il concetto secondo cui la banca commerciale avrebbe bisogno di soldi per prestare soldi. In realtà infatti l’espansione dello stato patrimoniale della banca non dipende dalla quantità di riserve che possiede: sono i prestiti a creare i depositi, che vengono coperti da riserve successivamente.
La Banca Centrale non può controllare ciò che viene gestito autonomamente dalle banche commerciali quando concedono prestiti, quindi la Banca Centrale non può controllare l’offerta di moneta. Questo sembrerebbe controintuitivo, ma è la realtà dei fatti. Pertanto se l’inflazione dipendesse dalla quantità di moneta circolante, come sostenuto dai monetaristi, la Banca Centrale non sarebbe comunque in grado di controllare la quantità di moneta circolante perché non è in grado di gestire l’erogazione del credito ai cittadini (cosa che compete invece alle banche commerciali). Questo aspetto è cruciale, infatti secondo il fondatore della MMT, Warren Mosler, la mancanza di competenza sull’argomento da parte di parecchi economisti sta contribuendo alla perdita di progresso e civiltà.
Secondo la teoria del moltiplicatore monetario, la banca ha in deposito presso di sé 100€ e ne presta una parte, per esempio il 90% (quel 10% che non presta è la riserva frazionaria). Il cliente di quella banca spende quei 90€ che ha ricevuto in prestito e il beneficiario di quella spesa li incassa nella sua banca. A sua volta quella banca presterà con una riserva frazionaria del 10%, quindi presterà il 90% di quei 90€, cioè 81€. Questo processo si sviluppa secondo una serie matematica finita che “moltiplica” la base monetaria entro limiti calcolabili e soprattutto controllabili dalla Banca Centrale.
Il problema è che una banca che ha in deposito presso di sé del denaro e che presta quel denaro non è una banca ma è più simile ad un fondo di investimento. Siccome le banche come abbiamo visto non prestano i soldi che hanno in deposito presso di loro ma prestano soldi creando moneta dal nulla e andando progressivamente ad estinguere quella passività man mano che vengono estinte le rate, tutta l’architettura matematica costruita sulle ipotesi del moltiplicatore monetario è in realtà un castello di carte.
Bisogna sempre tenere presente che la questione dipende dal sistema bancario nel suo insieme: le banche possono infatti prestarsi riserve nel mercato interbancario, ma quelle sono transazioni orizzontali, quindi non espandono la quantità di moneta del sistema. Se infatti il sistema bancario è a corto di riserve e una banca commerciale vuole fare un prestito ma è a corto di riserve, questa venderà dei titoli in suo possesso alla Banca Centrale (quindi la Banca Centrale compra titoli e quindi immette riserve nel settore) oppure si farà prestare riserve direttamente dalla Banca Centrale con tasso pari al discout rate. La posizione di riserva di quella banca commerciale di per sé non ha importanza: se la differenza tra il tasso di rendimento del prestito che la banca vuole fare al suo cliente e il tasso di sconto al quale la banca commerciale si è fatta prestare i soldi dalla Banca Centrale è sufficientemente ampio, la banca potrà prestare.
Ecco che il moltiplicatore monetario rimane una teoria inapplicabile alla realtà, un mero caso di scuola che dal mio punto di vista non è nemmeno corretto riportare sui libri di testo di economia, anche perché altrimenti poi finisce che qualcuno ci crede pure.
Inoltre la riserva frazionaria non è un meccanismo in grado di controllare l’offerta di moneta come invece sostiene la teoria del moltiplicatore. E non è nemmeno quello strumento che, secondo le teorie del complotto, sarebbe alla base della truffa del secolo. Queste sono solo fantasie. Il concetto di riserva frazionaria nasce in un’epoca in cui il denaro era vincolato ad altre condizioni. Nel medioevo infatti i banchieri si accorsero che soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di banconote tornava poi in banca per attuare il suo diritto alla convertibilità (cioè a farsi dare indietro dell’oro in cambio delle banconote). Quindi i banchieri dell’epoca individuarono una riserva “minima” che fungesse da deposito per non essere totalmente sprovvisti a fronte delle richieste.
Da quando è stata abolita la convertibilità con l’oro, la riserve frazionaria non avrebbe più senso di esistere perché non si può più andare in banca con del denaro e pretendere che la banca converta quel denaro in altrettanto oro e ve lo consegni. Tra l’altro, se all’improvviso cessasse di esistere il requisito minimo di riserva e quindi il meccanismo della riserva frazionaria, non cambierebbe quasi nulla.
Perché la Banca Centrale non può controllare l’offerta di moneta? Bill Mitchell spiega benissimo il perché [1]:
“Supponiamo che la Banca Centrale voglia aumentare l’offerta di moneta. La Banca Centrale per farlo acquisterebbe obbligazioni nei mercati e, di conseguenza, questo aggiungerebbe riserve al sistema bancario. Le banche commerciali a loro volta cercherebbero di prestare quelle riserve perché non vogliono essere bloccate con depositi sottoperformanti e la concorrenza nei mercati overnight farebbe scendere il tasso di interesse. Chiaramente, se la Banca Centrale vuole mantenere il controllo sul tasso di interesse overnight, dovrebbe quindi drenare le riserve in eccesso (il che richiederebbe di offrire alle banche un asset fruttifero commisurato al tasso overnight). Cioè, dovrebbe vendere obbligazioni in un’operazione di mercato aperto […] ciò drenerebbe le riserve dal sistema e probabilmente lascerebbe alcune banche a corto di riserve. Dato che l’unico rimedio per una carenza complessiva di riserve è l’intervento della Banca Centrale, il tentativo di ridurre l’offerta di moneta fallisce. È chiaro che la banca centrale non è quindi in grado di controllare il volume di denaro nel sistema, sebbene possa controllare il prezzo attraverso le sue impostazioni di politica monetaria. Il moltiplicatore monetario è una concezione imperfetta di come funzionano le cose. La base monetaria non guida l’offerta di moneta. In realtà, è vero il contrario. Quindi le riserve in qualsiasi momento saranno determinate dai prestiti che le banche fanno indipendentemente dalle loro posizioni di riserva.”
Ai tempi della crisi del ’29 i monetaristi della prima ondata (in particolare Irving Fisher e Henry Calvert Simons) si batterono per chiedere una riforma del sistema bancario che garantisse una riserva frazionaria del 100% per evitare che le banche fossero insolventi. Pensate a che livello di pazzia si può arrivare a causa dell’ideologia.
BIBLIOGRAFIA E FONTI
[1] William F. Mitchell (2009), Money multiplier and other myths
[2] Warren Mosler & Mathew Forstater (2005), The Natural Rate of Interest is Zero
[3] William F. Mitchell (2009), Deficit spending 101 – Part 1
[4] William F. Mitchell (2009), Deficit spending 101 – Part 2
[5] William F. Mitchell (2009), Deficit spending 101 – Part 3

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